Sala 5

Natura morta (uva, melone, mele, melograno)

Una composizione di frutta lussureggiante, esaltata nelle forme da pennellate dense e corpose, cade a cascata sulla tela, sopraffatta da una sorta di horror vacui in pieno stile seicentesco. In alto a sinistra emergono dal fondo scuro grappoli di uva bianca, mentre al centro una zucca, un melograno e pomi gialli e rossi vengono messi in risalto da ampi tocchi di luce. Il dipinto, nella sua opulenza barocca e nel suo intento meramente decorativo, dovrebbe essere riferibile alla scuola napoletana o all’ambito pittorico tosco-romano.

Natura morta (cocomero, fichi, funghi, pere)

Natura morta seicentesca di scuola napoletana. In un paesaggio dall’atmosfera surreale è disposta una ricca composizione di frutti ed ortaggi: funghi, prugne, mele rosse, pere, fichi, melanzane e una fetta di cocomero al centro, esaltati nella luce e grandeggianti nelle loro morbide forme, secondo una sensualità tipicamente meridionale. La luce diffusa che illumina la superficie dei frutti si contrappone all’oscurità del paesaggio, dal quale emerge, in lontananza, la cima di un monte avvolta in un cielo grigio e nuvoloso.

La cena del pescatore

G.V. Castelnovi attribuisce questo piccolo dipinto su carta ad un pittore di origine nordica, anche se in realtà, come suggerisce L. Magnani, analoghi soggetti di vita quotidiana erano largamente diffusi a Napoli sul finire del Seicento. Emergono dalla penombra i toni perlacei di alcuni pesci poggiati su un tavolo in legno, accanto ad essi un piatto di ostriche, un cespo di verdura, un limone tagliato, tre piccoli funghi ed un fiasco di vino.

Vaso di Fiori

Il vaso in vetro, bugnato nella parte inferiore, contiene una ricca composizione floreale che ricorda nella sua semplicità le nature morte fiamminghe dei primissimi anni del Seicento. Accanto ai fiori, sulla stessa tavola in legno, poggiano un grappolo di uva e alcune foglie di rosa, mentre una farfalla, sul lato destro, prende il volo. Una composizione convenzionale ma piacevole, fine nell’esecuzione e nella resa dei colori.

Liuto e musica

Pittura di carattere decorativo. Su una tavola in legno sono poggiati un liuto con le corde spezzate e pagine di spartiti consunte che rimandano alla caducità della vita umana e al passare del tempo, temi cari agli artisti seicenteschi e in particolar modo al genere della natura morta.

Pollame spennato

L’artista piacentino Felice Boselli (1650-1731) rappresenta con crudo realismo una serie di polli spennati ammassati su di un tavolo da cucina, con le carni livide e i grumi di grasso rappreso in evidenza. Il pittore imita fedelmente la realtà senza alcuna volontà interpretativa, in aperta polemica con la pittura decorativa di facile e piacevole soggetto.

Vaso di fiori

Opera del pittore napoletano Giuseppe Recco (1634-1695), uno dei più importanti interpreti della natura morta seicentesca. Un piccolo vaso a calice in vetro lucente contiene voluminosi fiori ormai reclinati su se stessi e deformati nella loro ultima bellezza.

Vaso di fiori

Tela di Giuseppe Recco (1634-1695) in coppia con il dipinto descritto in precedenza. Vaso in vetro contenente sei steli di fiori di diverse cromie.

Paesaggio

Paesaggio fluviale dalla folta vegetazione che occupa quasi totalmente la parte destra della tela. Si vedono tra gli alberi alcune figure di pescatori ed un musicante in primo piano; sulla sinistra un casolare tra la vegetazione e sullo sfondo una montagna sovrastata dalle nuvole. La scena si svolge al tramonto. Una luce ambrata diffusa colora il cielo denso di nubi. Il dipinto è opera di un pittore a cavallo tra il Sei-Settecento.

Marine

Si tratta di due dipinti di carattere decorativo probabilmente di ambito napoletano. Raffigurano entrambi piccole realtà portuali all’interno di un contesto naturale roccioso. Le figure umane che si scorgono sono indaffarate nelle attività di carico e scarico delle merci. Il paesaggio selvatico, in modo particolare il ponte roccioso del secondo dipinto, rimanda ad un’interpretazione romantica tipica delle marine di Salvator Rosa.

Paesaggio

Un paesaggio dalla natura fitta e rigogliosa inquadra la veduta di una città con monumenti romani ed edifici antichi (una piramide, un tempio, un edificio dalla forma circolare). Il dipinto si inserisce appieno nel gusto tardo-seicentesco per le antiche rovine, che ebbe tra i suoi maggiori interpreti Nicolas Poussin (1594-1665) e Gaspard Dughet (1615-1675), al quale era attribuito il dipinto nei vecchi inventari. La natura viene raffigurata in tutta la sua grandezza e solennità, in uno scenario idillico in cui le figure umane diventano esse stesse parte integrante di una composizione equilibrata ed estremamente rigorosa nelle forme e nella resa cromatica.

Paesaggio

Dipinto dalla fattura minuta ed elegante, probabilmente opera settecentesca di un pittore tedesco. La composizione maestosa rimanda ad un paesaggio classicheggiante in cui si compie una comunione ideale tra uomo e natura. In primo piano le fronde di due alberi mosse dal vento ci introducono in un mondo idillico: vi sono alcuni uomini sulla riva di un ampio specchio d’acqua, due figure a cavallo che si dirigono verso mete sconosciute, paesi lontani che si intravedono in lontananza. Le nuvole mosse dal vento vengono rese perfettamente attraverso la pennellata fluida. I toni chiari e perlacei conferiscono al dipinto rara finezza.

Pastori presso rovine romane

Paesaggio di genere originariamente attribuito a Gaspar Dughet (1615-1675) ma in realtà riferibile ad esso solo nella scelta del soggetto, particolarmente caro ai paesaggisti romani seicenteschi. Una giovane donna ed un pastorello ancora fanciullo conducono pecore, capre e mucche a pascolare dinnanzi ad imponenti rovine romane. Si intravedono sullo sfondo bruno un’esedra con volta a cassettoni e un’antica struttura a sei colonne. Il cielo, mosso e nuvoloso, si contrappone alla staticità compositiva dominante.

Apostoli alla tomba della Vergine

Copia parziale, probabilmente seicentesca, dell’Assunzione della Vergine di Guido Reni (1575-1642), dipinta nel 1616-1617 per la Chiesa del Gesù di Genova. Potrebbe trattarsi di un’esercitazione da parte di un giovane pittore, interessato soprattutto allo studio delle figure degli apostoli, da lui volutamente riprodotte a grandezza naturale. Al centro uno degli apostoli tiene tra le mani dei petali di rosa, incredulo di fronte alla scomparsa del corpo della Vergine. Gli altri, intorno a lui, si chinano in preghiera. Solo uno di loro, quello in primo piano sulla sinistra con un ampio manto rosso sulla spalla, si volge verso l’apostolo al centro come per rivolgergli la parola.

La Maddalena penitente

Il dipinto deriva dalla tela di Domenico Feti (1589-1624) nota come “La Malinconia”, opera più volte replicata dall’artista (Accademia di Venezia, Louvre di Parigi, ecc.). Confrontando il dipinto dell’Accademia di Venezia con il bozzetto di Coldirodi, si nota una maggiore definizione nel primo, oltre ad alcune differenze di carattere iconografico (diversi sono lo sfondo e gli oggetti in primo piano). La Maddalena, vestita di un abito scuro, una camicia bianca con maniche a sbuffo e un manto giallo che le scende lungo i fianchi, è inginocchiata in preghiera, col capo chino sul teschio. Davanti a lei, in primo piano, è raffigurato il vaso degli unguenti, mentre sullo sfondo vi è un paesaggio roccioso dai toni cupi che contrasta con il giallo luminoso del mantello.

Sant'Andrea Corsini in preghiera

Copia parziale della pala dipinta da Guido Reni (1575-1642) intorno al 1630, conservata in precedenza nella Galleria Barberini a Roma e attualmente nella collezione del Principe Corsini a Firenze. Sant’Andrea viene raffigurato in atto di preghiera dinnanzi ad un altare su cui poggiano un libro aperto ed un crocefisso. Il Santo veste un ampio piviale di colore rosso con ricami in oro. Egli volge lo sguardo verso il cielo, dove un fascio di luce dorata si fa strada tra le nubi. Rispetto all’originale di Guido Reni non compaiono gli angeli reggenti il pastorale, alcuni oggetti ed una parte del cielo con volti di serafini. L’autore dell’opera avrebbe pertanto preso in considerazione, anziché il dipinto originale, una delle molteplici repliche del soggetto reniano.

San Michele Arcangelo

Copia in formato ridotto della celebre pala ad olio su seta dipinta da Guido Reni (1575-1642) verso il 1635 per la Chiesa di Santa Maria della Concezione a Roma. San Michele Arcangelo, con le ali spiegate ed un’imponente corazza verde azzurra con manto rosso, impugna la sua spada contro l’angelo ribelle, incatenato ai suoi piedi tra le fiamme infernali.

Schede tecniche a cura della Dott.ssa Chiara Tonet
Bibliografia: G.V. Castelnovi, La Raccolta Rambaldi di Coldirodi, Bordighera, Istituto Internazionale di Studi Liguri, 1988; L. Magnani, Schede Ministeriali OA della Pinacoteca Rambaldi di Coldirodi, 1982.