Sala 2

Cristo morto sorretto da due angeli

Il dipinto, per l’importanza data al disegno, netto e ben definito, ci rimanda all’ambito toscano degli inizi del Seicento, anche se non sembrano essere estranee al pittore suggestioni caravaggesche. Lo si nota nella resa prospettica del Cristo, nell’uso costante del chiaro scuro, nella plasticità delle figure, nell’espressività del loro volto. Su un fondo scuro due angeli, che sia nei tratti del volto sia nell’abbigliamento rimandano a raffigurazioni “popolareggianti”, sorreggono il corpo di Cristo morto. Un bianco panneggio, poggiato sul sepolcro, lascia scoperte le sue membra.

Vergine con il Bambino e San Giovannino

Il dipinto, originariamente attribuito ad Annibale Carracci (1560-1609), potrebbe in realtà essere opera di un pittore emiliano vicino ai modi del Parmigianino (1503-1540). Il fulcro della composizione è l’abbraccio tra il Bambino e il Battista, raffigurato accanto all’agnello, elemento iconico al quale viene associato. La Vergine tiene sulle sue ginocchia il Bambino, mentre con il braccio sinistro avvolge San Giovanni. Fa da sfondo il panneggio di una grande tenda verde scuro.

Adorazione dei magi

L’opera è attribuita ad un artista di scuola emiliana operante verso la metà del Cinquecento. L’autore guarda al Parmigianino nell’eleganza della composizione, nella finezza del volto della Vergine e nella raffinatezza della sua pettinatura. Il dipinto, su rame, è reso ancora più prezioso dall’oro che delinea le figure.

La presentazione di Gesù al tempio

L’opera è tratta dal dipinto eseguito da Paolo Veronese (1528-1588) sulle portelle d’organo della Chiesa di San Sebastiano a Venezia tra il 1559 e il 1560. Il dipinto raffigura la Vergine nel momento in cui presenta il Bambino all’altare del tempio. Un sacerdote si inchina ai suoi piedi e intorno a lui altre sette figure assistono alla scena. Sulla parete del tempio si apre un arco che lascia intravedere un cielo nuvoloso.

Gloria delle virtù teologali

Derivazione in piccolo formato del grande «telero» centrale eseguito da Paolo Veronese (1528-1588) per il soffitto di San Giacomo dell’Orio a Venezia. In prmo piano la figura allegorica della Fede, in abito bianco e poggiata sulla croce, alza il calice al cielo. Accanto ad essa vi è una donna con le mani giunte e a sinistra un’altra donna che tiene in braccio un bambino. In alto, avvolta da un tripudio di angeli, campeggia la colomba dello Spirito Santo.

Santa Famiglia in faccende domestiche

Il dipinto è opera del pittore fiorentino Jacopo Vignali (1592-1644). Colpisce in modo particolare la singolarità dell’apparato iconografico, che sembra abbandonare le classiche composizioni iconiche in nome di un maggior naturalismo. La Santa Famiglia viene rapprsentata in un ambiente interno mentre è impegnata a svolgere le faccende domestiche: la Vergine, con veste rossa, manto blu e con in capo un velo, è intenta a cucire; San Giuseppe lavora al banco da falegname; il Bambino, con veste rossa arrotolata nella cintola, spazza via i trucioli. L’unico che sembra estraniarsi dall’umile contesto è San Giovannino, con le mani giunte in segno di preghiera. All’estremità destra si intravede un’apertura davanti alla quale si stagliano due angeli, uno dei quali solleva un lembo della veste lasciando scoperta parte della gamba sinistra.

Scena rustica

Il soggetto si direbbe desunto dalle rappresentazioni dei mesi e delle stagioni dei Bassano, in modo particolare dalle scene pastorali di Francesco Bassano il giovane (1534-1592), che trasformò in una sorta di genere gli scenari pastorali tanto amati dal padre Jacopo da Ponte (1510-1592). Il dipinto rappresenta un “Inverno”: al centro due contadini caricano la legna su un asino, mentre un uomo, in ginocchio, lavora con l’accetta. Sulla sinistra un pastore suona il piffero, circondato dal suo gregge. Sullo sfondo alcune figure, radunate intorno a un focolare, aspettano che un uomo finisca di squartare il maiale sul fuoco.

Estasi di San Francesco tra due angeli

In questo dipinto Jacopo Ligozzi (1547 c.-1626), pittore veronese stabilitosi a Firenze dal 1578, riprende una composizione molto diffusa nei conventi francescani. San Francesco si staglia su un fondo scuro, illuminato da un unico bagliore di luce proveniente dall’alto. Due angeli riccamente vestiti lo sorreggono. La scena è riprodotta in un’incisione dell’Ottocento ad opera di William Say, derivazione, a sua volta, di un dipinto di Ludovico Carracci non identificato.

Sepoltura di Cristo

Un’antica scritta sul retro della tavola, “Tizianesco-Cigoli”, riconduce il dipinto all’ambito di Ludovico Cardi detto il Cigoli (1559-1613). Il corpo di Cristo viene portato al sepolcro da un uomo col turbante e da una figura di giovane con manto rosso, che sembrerebbe desunta dalla Sepoltura di Raffaello di Galleria Borghese a Roma. Rimangono suggestioni manieristiche nell’uso di tonalità vivaci e cangianti.

Ritratto di Bambina

Il dipinto, opera di un artista fiorentino della seconda metà del Cinquecento, è un piccolo frammento di una tavola di dimensioni molto maggiori, come provano le tracce di segatura sui lati superiore, destro e inferiore della tavola e come mostra la spalla di donna che si intravede sul lato destro. Questa figura doveva situarsi sul margine sinistro di una probabile pala d’altare. La bambina, dai lineamenti molto delicati e dai capelli biondi, porta al collo una collana di corallo con perline d’oro e al centro un ciondolo con perla. Il vestito è marrone con profili di pizzo.

La Vergine con il Bambino tra San Giovannino e San Francesco

La commozione che pervade l’intera composizione e la costruzione della scena per diagonali fanno pensare ai modi di un pittore emiliano vicino alla scuola del Correggio (1489-1534). La Vergine, al centro della scena, sorregge il Bambino, in piedi in una posa artificiosa, con il globo nella mano sinistra e la mano destra alzata. Ai lati, San Francesco e San Giovannino si inchinano ai suoi piedi in atteggiamento di preghiera. Dalla finestra sul fondo della parete si intravedono Castel Sant’Angelo e la cupola di San Pietro.

Elia e l'angelo

Il dipinto è attribuito ad un pittore toscano, attivo a Firenze agli inizi del Seicento, particolarmente sensibile ad un uso del colore e della luce tipicamente veneziano. Un angelo sveglia Elia, sdraiato a terra in un sonno profondo, affinchè fugga l’ira di Jezabel. L’angelo, nell’eleganza della sua posa e nella raffinatezza del tratto, rimanda a quelle ricercatezze tipiche del tardo manierismo fiorentino.

Lapidazione di Santo Stefano

Il dipinto è stato eseguito quasi sicuramente da un pittore toscano attivo intorno alla metà del Seicento. Si tratta di un’interpretazione in chiave barocca di un’opera del Cigoli di analogo soggetto conservata a Palazzo Pitti a Firenze. Il dinamismo che caratterizza l’intero apparato compositivo e la vivacità cromatica fanno pensare ad un pittore venuto a contatto con la maniera cortonesca.

San Carlo Borromeo in estasi

Originariamente il dipinto era stato attribuito al Domenichino (1581-1641), come riportato in caratteri seicenteschi sulla tavoletta che protegge il dipinto in rame. G.V. Castelnovi ha smentito la possibilità di tale attribuzione, ritenendo che l’opera non presenti “quella visione colta ed ideale” caratteristica dell’arte sacra del Domenichino. Il dipinto sarebbe stato eseguito da un altro pittore, sempre di scuola bolognese, anch’esso dotato di grandi capacità tecniche ed espressive. San Carlo viene raffigurato in preghiera, con le mani incrociate sul petto e lo sguardo rivolto verso una luce che si propaga dal cielo. Davanti a lui, su un leggio coperto da un panno rosso, poggia un libro, probabilmente il Vangelo.

Madonna con il Bambino

G.V. Castelnovi attribuisce questa deliziosa miniatura, eseguita con una cura minuziosa per i particolari, a Ciro Ferri (1634-1689), pittore romano allievo di Pietro da Cortona. Su fondo dorato la Madonna, dai tratti estremamente delicati, tiene sul suo grembo il Bambino e volge ad esso il suo sguardo. La Vergine è raffigurata secondo l’iconografia religiosa tradizionale con la veste di un rosso acceso ed il lungo manto blu che cade lungo il suo corpo. Il Bambino è avvolto in un panno bianco. Entrambi stringono tra le mani il rosario.

Schede tecniche a cura della Dott.ssa Chiara Tonet
Bibliografia: G.V. Castelnovi, La Raccolta Rambaldi di Coldirodi, Bordighera, Istituto Internazionale di Studi Liguri, 1988; L. Magnani, Schede Ministeriali OA della Pinacoteca Rambaldi di Coldirodi, 1982.